“… Avevo ventimila euro in banca, un altro migliaio in contanti, ma quanto sarebbe durato tutto ciò?
Dovevo affrettare i tempi e mettermi all’opera.
Uscii dalla vasca.
Indossai l’accappatoio, raccolsi i capelli in un asciugamano e andai nel soggiorno della mia Executive.
Non avevo ancora finito l’intera bottiglia di Krug ma la temperatura non era più quella ottimale. Mi affrettai a versare un ultimo bicchiere e mi sdraiai sul divano.
Il portatile Apple appoggiato sulle ginocchia, cominciai a prendere una visione concreta del mondo delle escort. Non era la prima volta, ma ora il tutto doveva assumere una connotazione pratica. Davanti a me si apriva un mondo incredibile e cominciai ad avere paura. Quel che mi intimoriva non erano le possibili prestazioni richieste durante un incontro concreto, ma il dover lottare con Liz e Charles, Vivian, Mia e Illenia. Figurarsi con Anais e Luana Borgia, passando per una intimidatoria Elisa Italiana.
C’era un’ovvia penuria di Maria, Giovanna, Clara, Roberta.
I nomi rimandavano sempre a qualcosa che nell’immaginario non poteva significare che… sesso.
Il mio era un nome semplice, non necessitava di particolari modifiche.
Certo, avrei dovuto avere due cellulari diversi, uno per ogni vita, e forse sarebbe stato meglio avere un nome legato esclusivamente alla mia attività di prostituta d’alto bordo.
D’alto bordo???
Questo rappresentava certamente un problema.
Come qualificarmi, per così dire… alla “giusta altezza”?
In fin dei conti un titolo di studio, una qualifica, sono sempre gli altri a conferirtela.
Mettermi in una didascalia, stringermi nelle misure ristrette di un paragrafo, autoetichettarmi, inventare la mia personalissima e originalissima brochure. Già sentivo il peso del lavoro. Continuai a leggere per farmi un’idea di come si reclamizzava la concorrenza.
“Di base a Roma. Escort di lusso. Passionale, sensuale, elegantissima. Solo per veri intenditori, il vero lusso, il rovescio è tanto bello quanto il dritto.”
Fatti ovviamente i dovuti distinguo, come potevo arrivare a descrivermi in questo modo?
“Le parole non servono. Esclusivamente per distinti e gentlemen.”
La sintesi mi sembrava buona ma spingeva i cosiddetti clienti a un’autoanalisi che portava ad avere tutto sommato lo stesso problema.
“Per favore, niente sms e numeri anonimi.” Giusto, ma quanto c’è di più anonimo di una persona mai vista?
“Escort di alto livello… Raffinata, sensuale, intrigante, dolcissima e trasgressiva allo stesso tempo. Alta 1,80, con un corpo favoloso. Un mix di fascino e passione. Saprà rendere ogni incontro esclusivo e indimenticabile, per te posso essere… anche la compagna ideale per interi week-end. Disponibile per Milano, nord Italia, Lugano… Con il giusto preavviso. Solo persone distinte ed educate e pulite. Esigo massima igiene. Non rispondo ad anonimi e sms. Le foto sono autentiche e recentissime.”
Qui si rasentava il patetico. Poi quella fissazione per l’1,80. Una sfilza di Miss Battona allineate con le fasce da concorso che cadono impeccabili sulle spalle, mentre mostrano alla webcam un sorriso Sbiancodent e dichiarano smielate: “La mia altezza è uno e ottanta!”
E poi diciamocelo… Lugano!
Una tizia del genere con il giusto preavviso sarebbe anche potuta andare a Lugano.
Io avrei scritto Mosca, New York o Parigi, Londra, Berlino e con il giusto preavviso… Shanghai o New Delhi.
Ogni tanto ne usciva fuori una non troppo carente, una che sapeva suggerirti un’immagine di simpatia.
“Sono una splendida ragazza di vent’anni come da foto reali allegate senza alcun ritocco. Studio psicologia, sono nativa di Bologna e residente a Riccione dove vivo abitualmente ma non ho difficoltà a spostarmi. Mi ritengo matura per la mia età e di ottimo gusto. Preferisco la compagnia di uomini molto maturi, brillanti e decisi, di cultura universitaria e dalla personalità interessante, carismatici e di alto profilo sia come cerebrus sia come stile di vita. Il mio numero di telefono lo riceverai solo scrivendomi, per la mia riservatezza ed esclusività preferisco un primo contatto via e-mail per comprendere con chi mi incontro.”
C’erano ovviamente degli errori banali ma il quadro globale lasciava intendere una certa sincerità. Dovevo escogitare qualcosa del genere, ma prevalere quanto a originalità.
I miei ventotto anni dovevano pur significare qualcosa rispetto a questa ventenne spigliata e già in carriera.
Anche considerando che i suoi vent’anni erano almeno ventidue o ventitré, mentre i miei potevano scendere senza problemi a venticinque.
Scorrevo quelle proposte e tra le varie indicazioni leggevo colori dei capelli che andavano dal castano dorato al castano biondo al biondo ramato, biondo cenere.
Mai un banale castano e basta.
Le mie future colleghe parlavano inglese, francese, ovviamente italiano e più d’una russo: potenza della nuova immigrazione che sanciva altezze ragguardevoli, minimo 1,75 per pesi intorno ai 55 kg e taglie non superiori al 40, con seni variabili ma mai inferiori a una terza naturale.
Decisamente ottima carne in vendita al miglior offerente che, scorrendo ancora, poteva essere uomo o donna, o entrambi per stuzzicanti giochi di coppia in hotel, motel, domicilio.
Visto il tenore del mercato, nonché la generosità dell’offerta, là per là mi sembrò di avere due sole possibilità. Confondermi, perdere il filo, galleggiare in quell’oceano di definizioni senza trovare quella che poteva adattarsi a me oppure deprimermi, farmi schiacciare tra i battenti del portone del monumentale mignottificio che mi si spalancava davanti agli occhi.
Accesi la televisione. Su un canale trasmettevano “I ponti di Madison County”.
Ci voleva un risveglio colossale, uno schiaffo forte e ben assestato; cambiai ed ecco i Depeche Mode. “Personal Jesus” live poteva andar bene, ma poi, sulla mia destra, un maledettissimo specchio.
Cosa stavo facendo, cosa ci facevo lì.
Cambiai di nuovo canale ma avevo sempre voglia di musica, più intima, solo mia, solitaria come ero io oggi.
Suonava una pianista russa, bellissima, non avrà avuto più d’una ventina d’anni, forse meno e presi a piangere.
Lessi in basso, sullo schermo: Trois Gymnopédies di Erik Satie.
Nove minuti di note rarefatte, flebili, che si incuneavano nei sessanta metri quadri della mia nuova residenza e via via smontavano le mie certezze degli ultimi giorni: ricrearmi una nuova vita come escort di lusso.
Nove minuti davanti a uno specchio a catalogare il mio corpo: altezza, peso, gusti sessuali, seno, capelli, luoghi di incontro preferiti.
Avevo una famiglia e ora quella ragazzina russa al pianoforte metteva a nudo tutte le mie incertezze.
“Incertezze?” mi chiesi.
“Voglio morire accompagnata da queste note”, fu la disarmante risposta.
Mi rimaneva un ultimo sorso di Krug prima dell’accordo finale, un ultimo sospiro musicale lasciato lì, in aria. Lanciai con tutta me stessa il flûte contro la parete, con un grido terribile.
Dopo fu solo silenzio. …”
Sulle potenzialità
Abbiamo tutti delle potenzialità inespresse? Le differenze culturali e la creatività dipendono dalla differenza di capacità intellettive oppure...
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