Nel primo Novecento l’idealismo regnava sovrano nella cultura italica. Negli anni Settanta dominava culturalmente il materialismo storico e dialettico marxista. Poi venne l’epoca del postmoderno e con esso il citazionismo a sfondo ludico e la fine delle metanarrazioni. In estrema sintesi è andata così, considerando come marginali i neo-heideggeriani, i neo-orfici, etc etc. Un tempo, anni fa, la cultura umanistica era importante, faceva discutere, era incisiva, faceva presa sulla realtà, talvolta negativamente. Un tempo la cultura interessava e oggi? Oggi c’è un grande vuoto, il vecchio è stato sepolto e non è stato sostituito dal nuovo; i pochi elementi innovativi e originali non sono più determinanti, come un tempo. Le poche novità sono note, conosciute, discusse solo da chi fa ricerca nelle università. Tutto è nell’alveo accademico. Non passa oltre. Ci sono molta meno partecipazione e molto meno interesse generale rispetto a un tempo. La cultura da tempo non fa più notizia. Prendiamo ad esempio il mitomodernismo di Stefano Zecchi vent’anni fa. Prendiamo il realismo terminale di Guido Oldani oggi. Le cose veramente nuove, come queste sopracitate, non sono popolari, come ad esempio lo era il marxismo. Al massimo tutto rientra nella ristretta cerchia degli addetti ai lavori, dei cultori della materia, degli studiosi e degli appassionati (che ne percepiscono solo gli echi e si devono accontentare delle rimasticature), ma non c’è più la diffusione capillare di un tempo. E poi le novità odierne sono solo dei piccoli tasselli del mosaico della conoscenza umanistica! Non ci sono più svolte epocali. Forse siamo arrivati alla fine dell’evoluzione culturale umanistica o forse ci siamo vicini e fare dei progressi è difficilissimo. Oppure forse siamo tutti orientati verso altro, verso la razionalità tecnologica, la produttività e il consumismo. Un difetto peraltro scusabile e giustificato di alcuni artisti è quello di rifugiarsi nell’irrazionalismo, quando invece ci vorrebbe la razionalità umanistica da contrapporre a quella scientista. L’umanesimo dovrebbe studiare l’animo umano e il mondo, cercando di scoprire leggi, tendenze (così le chiama Popper) e correlazioni significative. Qualcuno potrà dire che il fatto che le novità, piccole o grandi, siano poco note è un bene, perché non sono state volgarizzate, strumentalizzate, deformate grossolanamente. Può darsi. Inoltre oggi il mondo è interconnesso. La cultura sembra a portata di clic. Hanno autorità i vip e gĺi influencer, ma si registra una disintermediazione a livello politico e culturale. Oggi sembra che per farsi una cultura non bisogna leggere e studiare ma solo chiedere al dottor Google. A ogni modo il Novecento per le due guerre mondiali e la trafila di orrori è stato tremendo, ma è stato anche un periodo straordinario e irripetibile per tutti gli ismi, le scuole di pensiero, gli apporti culturali. A onor del vero oggi c’è uno scadimento generale, un lento declino collettivo. Almeno questo mi pare di intendere, di capire.